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Mamiani della Róvere, Terenzio.

Uomo politico, scrittore e filosofo italiano. Compì una parte dei propri studi a Pesaro, sua città natale, per poi trasferirsi a Roma dove si laureò in Filosofia. Partecipò attivamente ai moti di Bologna del 1831, in seguito ai quali fu incarcerato dagli Austriaci. Riuscito a riparare a Parigi, si mantenne in contatto con gli esuli italiani. Qui visse fino al 1847 quando Carlo Alberto lo invitò a Torino conferendogli la carica di ministro, durante il gabinetto Revel. Ricoprendo questo incarico, M. riuscì a risolvere la crisi diplomatica sorta tra il Piemonte e lo Stato pontificio a seguito dell'allocuzione papale pronunciata nel concistoro del 29 aprile 1848 da Pio IX, nella quale il pontefice chiariva di non voler partecipare alla guerra contro l'Austria. La soluzione proposta da M., (l'integrazione dei volontari pontifici nei ranghi dell'esercito regolare piemontese) e una serie di contatti politici col cardinale Antonelli garantirono la pacifica soluzione della controversia. Sorta la Repubblica romana M. si assunse l'incarico di occupare il dicastero degli Esteri cercando di evitare lo scontro diretto tra liberali e conservatori. Fallito questo tentativo con la rovina della Repubblica romana tornerà a Torino dove fonderà con Gioberti l'Unione italiana. Eletto deputato sardo nel 1856, fu nominato ministro dell'Istruzione durante il gabinetto Cavour (1861) e quindi senatore del Regno (1864). Durante il periodo della lotta politica non si allontanò dal mondo accademico occupando la cattedra di Filosofia della storia prima a Torino quindi a Roma. Il pensiero filosofico di M. fu principalmente teso alla creazione di una filosofia che conciliasse le varie tendenze del pensiero contemporaneo italiano, nella prospettiva di fornire le basi per la formulazione di una filosofia nazionale. In questo senso il suo pensiero si confonde con quello di Gioberti (1801-1852), di Rosmini (1797-1835) e di Galuppi (1770-1846) teso com'è a conciliare il pensiero filosofico con i dogmi della Chiesa, riproponendo in campo filosofico quello che fu il neoguelfismo in politica. Non esente dalle influenze dell'idealismo tedesco, il pensiero di M., principalmente per la contradditorietà dei postulati assunti (come conciliare l'idealismo con pensiero politico liberale, la filosofia cristiana coll'ideologia dello Stato moderno) non riuscì mai a risollevarsi in una costruzione originale affiancandosi così al pensiero dei mediocri rappresentanti della filosofia accademica del risorgimento italiano. Fra le opere sono da ricordare: Del rinnovamento della filosofia antica italiana (1836), e Confessioni di un metafisico (1850) (Pesaro 1799 - Roma 1885).